La borsa del medico by Francesco Adami

La borsa del medico by Francesco Adami

autore:Francesco Adami [Adami, Francesco]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Hoepli
pubblicato: 2022-09-02T00:00:00+00:00


Il palo del barbiere e il barbiere-chirurgo

Avreste mai detto che il vostro barbiere di fiducia esercita una professione che si è intrecciata alla pratica medica per diversi secoli? E che quei cilindri rotanti rossi, bianchi e blu che si trovano all’esterno del negozio sono legati alla storia della medicina occidentale?

Eppure, quella del barbiere-chirurgo nata nel Medioevo è stata per lunghissimo tempo, oltre seicento anni, una delle figure professionali che insieme a quella del medico si sono alternate nella cura dei pazienti. In origine, il barbiere era infatti anche un chirurgo: non si limitava al solo taglio di capelli e barba dei propri clienti (come facevano gli antichi tonsori romani), ma eseguiva anche piccoli interventi chirurgici. Per praticarli utilizzava la propria destrezza manuale e raffinati strumenti da lui messi a punto, spesso sconosciuti perfino ai medici accademici del tempo. Il bisturi, per esempio, era uno di questi. Utilizzato per incidere le parti molli del paziente, era già in uso presso Greci e Romani con il nome di pistorienses gladii. Il nome conteneva in sé l’ammirazione per quei fabbri toscani, più precisamente dell’antica Pistorium (oggi Pistoia), che in epoca romana erano eccelsi nella produzione di strumenti taglienti. Da questo termine derivò poi il volgare pistorini o bistorini che francesizzato divenne bistouri consegnando a noi il termine attuale di bisturi. Ma perché il barbiere in epoca medievale faceva anche da chirurgo? A quel tempo, esisteva una stretta separazione fra due professioni che oggi invece sono state riunificate nella figura del medico-chirurgo. Il medico era un rispettato membro della comunità accademica, la sua formazione estremamente vasta lo rendeva un profondo conoscitore delle scienze naturali a tutto tondo. Esperto di latino e filosofia, quando visitava il malato ne tastava il polso, ne osservava e assaggiava le urine e indicava la terapia da attuare, ma mai macchiava le proprie mani con il sangue dello stesso, una pratica al tempo considerata degradante e vicina al sacrilego. Per questa attività vi era il barbiere-chirurgo un professionista sanitario, di grado e dignità minore, capace di eseguire piccoli interventi: come l’estrazione dei denti, l’incisione degli ascessi, la ricomposizione delle fratture, la medicazione delle ferite e soprattutto la pratica del salasso. Proprio in quest’ultima eccellevano i barbieri, che praticavano con abilità l’incisione delle vene o l’applicazione delle sanguisughe. Infatti, non dobbiamo dimenticare che entrambe queste pratiche venivano compiute in obbedienza a quanto teorizzato secoli prima da Galeno nella teoria dei quattro umori che dovevano risultare in equilibrio fra loro. I luoghi deputati a queste pratiche erano di norma due: gli (o)spedali,14 ovvero strutture caritatevoli che originariamente ammettevano solo le persone più umili e più povere della società, e le botteghe, riconoscibili dall’esterno da caraffe piene di sangue esposte alle finestre, da file di denti inanellati fra loro e dal tipico palo a strisce bianche e rosse collocato all’esterno.15

La conferma del loro lavoro ci deriva da numerose fonti scritte, fra cui quella del medico italiano Leonardo Fioravanti che nel 1660 nell’opera Dello specchio di scientia universale descrisse così l’attività:

[i barbieri] per consuetudine prelevano il sangue dagli ammalati, sia dalle loro vene che utilizzando delle ventose.



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